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Nastro Azzurro... dove Greta non arriverà mai
PER IL BENE COMUNE DI FEBBRAIO-MARZO 2020

Quando eravamo giovani noi le discariche non esistevano. Lo schifo che facevamo in casa era poco ma quel poco lo andavamo a menare alla Rava che era uno sprofondo dietro alle mura del paese che ci sembrava che non si poteva riempire mai.

Quando arrivò il benessere e cominciammo a mangiare persino lo yogurt dentro al barattolo di plastica e ogni volta che andavi a comprare una cosa all’Alimentari ti dava una busta, la Rava cominciò a riempirsi e ci mettemmo paura. Così il Comune comprò una specie di Apecar che passava davanti alle case, pigliava le buste di monnezza e le andava a menare a un posto lontano, vicino al cimitero così quando andavi ai funerali e accompagnavi il morto potevi fare una riflessione teologica sul dogma che facevi la stessa fine della monnezza.

Quando il benessere arrivò a essere democrazia cristiana, che la mutua ti passava persino la Citrosodina per fare i rutti e digerire la polenta con i cicori sfritti, il Comune fu costretto a rivolgersi alle ditte esterne che portavano la nostra schifezza lontano dal paese perché era veramente assai.
Pochi giorni fa la Forestale, cioè i guardaboschi con la divisa dei Carabinieri, hanno fatto il punto della situazione e hanno detto che in Molise «l’abbandono incontrollato di rifiuti e le discariche abusive, unitamente ad altre illecite forme di smaltimento dei rifiuti, sono tra le cause di più forte perturbazione per gli habitat e le biocenosi che li abitano».

Ruzzone subito ha detto che a lui non gliene frega niente perché lui è un vecchio e non gliene frega niente dei biocenosi. Mario Provetta, che ha fatto il biologo alla Heineken di Utrecht, gli ha spiegato che pure i vecchi sono biocenosi e quindi se crepano i biocenosi crepano pure i vecchi.

Allora ci siamo messi paura e abbiamo subito organizzato un convegno sull’inquinamento. Abbiamo scoperto che sempre pochi giorni fa, a Venafro, il torrente Rava tiene la schiuma bianca ma solo di lunedì perché nel fine settimana qualcuno sversa le schifezze. Questa cosa, qualche anno fa, succedeva pure nella zona industriale di Sessano che Ruzzone si andava a lavare i piedi nel fiume di giovedì, dopo gli gnocchi del pranzo, perché sapeva che il venerdì l’acqua diventava gialla e rossa e se ci metteva i piedi dentro usciva con le unghie smaltate e lo chiamavano ricchione.

Anche all’epoca, l’Arpa non suonava di sua volontà ma la dovevi chiamare. E quando arrivava diceva sempre che era tutto a posto. Tanto che alla fine Iammacone ci proibì di usare il telefono: «Invece di telefonare all’Arpa chiamate l’Urganett’ che almeno balliamo!»

Le conclusioni del convegno sono state affidate a Nicola Mesabirra che ci ha rassicurato e ci ha dato la soluzione. Ha parlato di uno di Carpinone, Antonino Martella, l'inventore della Nastro Azzurro. Martella si laureò giovanissimo in chimica e prese servizio nell' ospedale circondariale di Isernia. Durante l' ultimo conflitto mondiale fu a capo dei servizi chimici della direzione di artiglieria per la Libia. Dopo la guerra fu assunto dalla società Peroni e diresse gli stabilimenti di Bari e di Napoli per poi divenire direttore generale chimico della società. Qui creò la Nastro Azzurro ed altre specialità di birra. Già anziano, rivestì l' incarico di vice presidente dell' Associazione birrai europei. E la cosa straordinaria è che morì a 98 anni.

Dopo l’intervento di Mesabirra, Iammacone ha fatto un altarino all’ingegnere Martella, con i colori della Peroni, affianco a quello di Michele Scorrano. Poi, dopo la preghiera, senza parlare, abbiamo subito cominciato una mega passatella a Nastro Azzurro e ogni rutto era un inno alla vita, una lode alla pensione che spendiamo alla Cantina, una pernacchia in faccia alle centraline di rilevamento.


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"Chi pensa male non sbaglia. Chi pensa bene campa" (Rossano Turzo)